Giornata internazionale del benessere sessuale: perché parlarne è prevenzione  

Giornata internazionale del benessere sessuale

La sessualità è una dimensione fondamentale dell’esperienza umana, eppure viene spesso relegata ai margini del discorso pubblico, trattata come un argomento scomodo o esclusivamente clinico. Parlare di benessere sessuale significa invece riconoscere che corpo, desiderio, relazioni e identità sono elementi profondamente interconnessi, che meritano ascolto, rispetto e cura.  

In occasione della Giornata internazionale del benessere sessuale, che si celebra ogni 4 settembre, è essenziale ampliare lo sguardo: non limitarsi alla prevenzione sanitaria, ma promuovere una cultura che abbracci la complessità della sessualità. Questo cambiamento richiede consapevolezza individuale, responsabilità collettiva, educazione affettiva, tutela dei diritti e ambienti inclusivi.  

Cosa si intende per salute sessuale 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute sessuale come “uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale in relazione alla sessualità”. Un’espressione che, nella sua apparente semplicità, racchiude una visione più ampia: non si tratta solo di assenza di malattia, ma presenza di piacere, sicurezza, libertà e dignità.  

La salute sessuale comprende:  

  • il diritto all’autodeterminazione del corpo;  
  • la possibilità di vivere relazioni consensuali e appaganti;  
  • l’accesso a informazioni scientificamente corrette;  
  • la protezione da violenze, coercizioni e discriminazioni.  

Affrontare questo tema significa quindi parlare di equità, giustizia sociale e diritti umani. Il benessere intimo non è un privilegio, ma una condizione essenziale per una vita piena e libera.  

Perché parlare di benessere sessuale è fondamentale 

Il silenzio che circonda la sessualità è spesso il frutto di retaggi culturali, religiosi e educativi che l’hanno associata al peccato e alla vergogna. Questo silenzio genera insicurezza, alimenta stereotipi e ostacola l’accesso a cure e informazioni.  

Aprire un dialogo sul benessere sessuale significa:  

  • decostruire tabù e normalizzare il linguaggio del corpo;  
  • promuovere l’alfabetizzazione sessuale fin dall’infanzia  
  • valorizzare il consenso come principio relazionale;  
  • offrire spazi sicuri per il confronto con professionisti.  

I dati sulle infezioni sessualmente trasmissibili 

In Europa, secondo l’ultimo rapporto epidemiologico 2023 del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), i casi sono in forte aumento. 

  • Gonorrea: quasi 97.000 casi confermati, con un incremento del 31% rispetto al 2022 e del 321% rispetto al 2014. Le fasce più colpite sono le donne tra i 20 e i 24 anni e gli uomini tra i 25 e i 34 anni; il 58% dei casi riguarda uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (MSM). 
  • Sifilide: oltre 41.000 casi, con un aumento del 13% in un solo anno e un raddoppio rispetto al 2014. Il 72% delle diagnosi riguarda MSM. 
  • Clamidia: rimane l’infezione sessualmente trasmissibile batterica più diffusa, con oltre 230.000 casi nel 2023, particolarmente frequente tra le giovani donne di 20-24 anni. 
     

Le nuove linee guida dell’OMS

A livello globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha recentemente ampliato le proprie linee guida per la prevenzione e la cura delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST), introducendo raccomandazioni mirate alla gestione delle infezioni asintomatiche e al miglioramento dell’erogazione dei servizi sanitari. Le nuove indicazioni prevedono: 

  • screening specifici per gonorrea e clamidia nei contesti ad alta prevalenza, con particolare attenzione a donne in gravidanza, adolescenti e giovani sessualmente attivi (10-24 anni), sex worker e MSM; 
  • controlli almeno annuali, o semestrali per le popolazioni più esposte; 
  • una maggiore integrazione dei servizi, anche attraverso strumenti digitali, e una sorveglianza più capillare della resistenza agli antibiotici. 

Questi dati e aggiornamenti mettono in evidenza l’urgenza di rafforzare le strategie di prevenzione: campagne di informazione mirate, accesso facilitato ai test, vaccinazioni e trattamenti tempestivi. Allo stesso tempo, richiamano l’attenzione sulla necessità di politiche nazionali più aggiornate e inclusive, per colmare le lacune ancora presenti nella lotta alle IST. 

Come migliorare la salute sessuale 

Coltivare il benessere sessuale significa adottare comportamenti consapevoli che tutelano la salute, rafforzano la fiducia e favoriscono relazioni sane. Non si tratta di seguire regole rigide, ma di compiere scelte informate, nel rispetto di sé e degli altri.  

1. Cura medica e prevenzione 

  • Visite regolari: ginecologi, andrologi, urologi o sessuologi permettono di monitorare la salute e affrontare eventuali problematiche in modo tempestivo. Un medico competente e accogliente diventa un alleato prezioso. 
  • Screening e test periodici: Pap test (test di Papanicolaou), l’HPV test (test per il papillomavirus umano), tamponi e test per le infezioni sessualmente trasmissibili ed epatiti, sono strumenti fondamentali di prevenzione. La frequenza e il tipo di esame vanno personalizzati in base all’età, allo stile di vita e alla storia clinica. 
  • Contraccezione consapevole: esistono molte opzioni (preservativi, pillola, spirale, impianti, metodi naturali). La scelta deve essere informata, condivisa e rispettosa delle esigenze individuali. 

2. Educazione sessuale e affettiva 

  • Alfabetizzazione sessuale: conoscere l’anatomia, il funzionamento del desiderio, le dinamiche del consenso e le emozioni è fondamentale per vivere relazioni sane. 
  • Decostruzione dei miti: superare stereotipi come “il sesso è solo penetrazione” o “il piacere è uguale per tutti” libera la sessualità da modelli rigidi e spesso dannosi. 
  • Educazione continua: la sessualità evolve nel tempo. Informarsi, confrontarsi e aggiornarsi è utile a ogni età. 

3. Comunicazione e relazioni 

  • Dialogo con il partner: parlare apertamente di desideri, limiti, fantasie e paure favorisce fiducia e complicità. 
  • Consenso esplicito e reciproco: il consenso è presenza attiva di volontà e non è solo assenza di rifiuto. Deve essere continuo, informato e revocabile. 
  • Gestione delle differenze: imparare a navigare le divergenze sessuali con empatia e rispetto è parte integrante del benessere relazionale. 

4. Benessere psicologico e sessualità 

  • Accettazione del corpo: l’immagine corporea influisce profondamente sulla sessualità. Lavorare sull’autostima e sull’accettazione migliora il piacere e la sicurezza. 
  • Gestione dello stress e delle emozioni: ansia, depressione, traumi o difficoltà relazionali influenzano la vita sessuale. Il supporto psicologico è uno strumento prezioso. 
  • Sessualità e neurodivergenze: persone con ADHD, autismo o altre neurodivergenze vivono la sessualità in modi diversi. Serve un approccio inclusivo e personalizzato. 

Sessualità e benessere: un diritto per tutti 

Il benessere sessuale è parte integrante della salute individuale. Riguarda ogni persona, indipendentemente da età, genere, orientamento o condizione sociale.  

Celebrare questa giornata significa affermare che prendersi cura della propria sessualità è un atto di responsabilità, di autodeterminazione e di amore verso sé stessi. È un invito a costruire una società più consapevole, rispettosa e libera.  

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Cistite: come affrontarla con le abitudini giuste  

La cistite è un’infiammazione delle vie urinarie che interessa soprattutto la vescica e colpisce con maggiore frequenza le donne, ma non è da escludere anche nell’uomo. Imparare a riconoscerla e sapere cosa fare e cosa evitare è fondamentale per affrontarla in modo efficace e ridurre il rischio di ricadute. 

Perché viene la cistite: le cause più comuni 

Secondo la Fondazione Veronesi, la cistite è spesso legata a una combinazione di fattori che favoriscono l’irritazione o l’infezione delle vie urinarie. Le cause sono: 

  • Infezione batterica (in genere da Escherichia coli
  • Rapporti sessuali non protetti o troppo ravvicinati 
  • Alimentazione irritante per la vescica 
  • Igiene intima scorretta 
  • Alterazioni ormonali 
  • Uso di indumenti troppo stretti o sintetici 

Sintomi da riconoscere subito  

Come indicato dall’Istituto Superiore di Sanità, la cistite presenta sintomi riconoscibili che, se individuati precocemente, permettono di agire in modo tempestivo e ridurre il rischio di complicanze. 

Tra i sintomi più frequenti troviamo: 

  • Bruciore e dolore durante la minzione 
  • Stimolo urinario frequente e urgente 
  • Urina torbida o maleodorante 
  • Sensazione di peso al basso ventre 
  • In alcuni casi, presenza di sangue nelle urine 

Cosa fare quando compaiono i sintomi 

Il primo passo è consultare il medico ed eseguire esami delle urine e urinocoltura per confermare la diagnosi e l’origine della causa. È importante non iniziare trattamenti “fai da te”, per evitare l’uso scorretto degli antibiotici e il rischio di resistenze. 

Abitudini efficaci per prevenire la cistite 

Oltre alla terapia, alcune buone abitudini quotidiane aiutano a prevenire la comparsa della cistite o a ridurne la frequenza: 

  • Bere molta acqua durante la giornata 
  • Non trattenere mai l’urina 
  • Curare l’igiene intima senza eccedere nei lavaggi 
  • Indossare biancheria in cotone traspirante 
  • Urinare prima e dopo i rapporti 
  • Evitare l’uso eccessivo di assorbenti interni o salva-slip 

Cosa mangiare (e cosa evitare) in caso di cistite 

L’alimentazione gioca un ruolo importante nella prevenzione e nella gestione della cistite. Alcuni cibi irritano la parete della vescica, accentuando bruciore e dolore, mentre altri aiutano a sfiammare l’infiammazione e a mantenere le urine più diluite. 

Durante la fase acuta si devono eliminare o ridurre fortemente tutti gli alimenti irritanti, come cibi piccanti, salse a base di pomodoro, agrumi, cioccolato, caffè e alcolici. Anche le bevande zuccherate o contenenti dolcificanti artificiali peggiorano i sintomi. 

Meglio privilegiare una dieta semplice, a base di verdure cotte, cereali integrali, frutta non acida (come mela e banana), proteine leggere (come pollo e pesce) e abbondante acqua naturale. Bere molto è fondamentale per aiutare l’organismo a eliminare i batteri attraverso le urine. 

Ogni persona reagisce in modo diverso a determinati cibi: per questo motivo, è utile osservare le proprie reazioni e parlarne con il medico o un nutrizionista. 

 
Cistite post-coitale: come prevenirla dopo i rapporti 

La cistite post-coitale è una forma frequente, soprattutto nelle donne, e si manifesta dopo i rapporti sessuali. In questi casi, i sintomi tipici della cistite compaiono entro poche ore o il giorno successivo, con bruciore, urgenza urinaria e dolore al basso ventre. 

Il motivo principale è la risalita dei batteri lungo l’uretra durante il rapporto, in particolare quando la flora batterica vaginale è alterata o quando ci sono condizioni anatomiche favorevoli (come un’uretra molto corta). 

Per prevenirla è importante seguire alcune semplici accortezze: 

  • Urinare subito dopo il rapporto per aiutare a eliminare eventuali batteri 
  • Curare l’igiene intima, senza esagerare con i lavaggi 
  • Utilizzare detergenti con ph acido e non aggressivi 
  • Mantenere una buona idratazione 
  • Parlare con il ginecologo in caso di episodi ricorrenti: esistono protocolli specifici per la prevenzione, che includono anche l’uso mirato di integratori o, in alcuni casi, antibiotici a basso dosaggio sotto controllo medico. 

Prendere sul serio la cistite dopo i rapporti è importante, perché la ripetizione frequente degli episodi influisce sulla qualità della vita e sulla serenità della sfera intima. 

Cistite interstiziale: quando non è un’infezione 

Esistono anche forme di cistite più gravi, come la cistite interstiziale, non causata da infezione ma legata a una disfunzione cronica della parete vescicale. La cistite interstiziale è più diffusa di quanto si pensi, ma viene spesso sottodiagnosticata perché i sintomi imitano quelli della cistite batterica, senza però rispondere agli antibiotici. 

I disturbi includono dolore pelvico, stimolo urinario frequente e fastidio durante i rapporti. Le cause esatte sono diverse da persona a persona, ma spesso nasce da cistiti trascurate o curate male, che danneggiano la mucosa e portano a infiammazione e ipersensibilità cronica. Il trattamento è personalizzato e può includere dieta mirata, farmaci sintomatici, infiltrazioni vescicali di acido ialuronico e fisioterapia del pavimento pelvico.  

Ascoltare i segnali del proprio corpo, curare l’igiene, seguire un’alimentazione adeguata e rivolgersi al medico in caso di sintomi ricorrenti sono le basi per tutelare il benessere delle vie urinarie e prevenire le recidive. 

Acne in estate: come protegge la pelle e controllare i fattori che la peggiorano  

Card grafica sull'acne dal titolo: "Come curare l'acne in estate"

Nei mesi estivi, sudore e protezioni solari accentuano le imperfezioni cutanee, soprattutto nei soggetti predisposti. L’acne estiva, nota anche come acne solare, è una condizione comune che peggiora con il caldo e l’esposizione prolungata al sole. Oltre il viso può colpire anche altre parti del corpo come schiena, spalle e petto. 

Conoscere il tipo di acne e scegliere i trattamenti giusti è fondamentale per affrontare i mesi più caldi senza rinunciare al benessere della pelle

Cos’è l’acne e quanto dura 

L’acne è un’infiammazione dei follicoli pilosebacei della pelle e si presenta in diverse forme, da acne leggera fino a forme più gravi come l’acne nodulo cistica o l’acne papulo pustolosa. In estate, l’aumento della sudorazione e l’uso di cosmetici comedogeni favoriscono la comparsa di lesioni infiammatorie. In questo periodo, i sintomi tendono ad attenuarsi, ma senza una corretta gestione, peggiorano alla fine della stagione.  
 
La durata varia molto: l’acne giovanile in genere si protrae per qualche anno, ma esistono anche forme di acne tardive, che compaiono in età adulta, con durata variabile. Quest’ultima tipologia necessita di trattamenti mirati e spesso è riconducibile a squilibri ormonali. 

Come riconoscere il tipo di acne 

Capire il tipo di acne è il primo passo per agire in modo corretto. Ne esistono diverse forme, ognuna con caratteristiche specifiche: 

  • acne leggera: piccoli punti neri, brufoli isolati e pelle leggermente infiammata. 
  • Acne papulo pustolosa: presenza di brufoli con pus e papule infiammate. 
  • Acne nodulo cistica: noduli (cisti) profondi e dolorosi. 
  • Acne tardiva: si presenta in età adulta, soprattutto nelle donne, con lesioni infiammate localizzate su mandibola, mento e collo. 
  • Acne solare: simile a una follicolite, compare dopo esposizione al sole. Sul resto del corpo è favorita sudore, magliette sintetiche e poca traspirazione. 
  • Acne da stress: spesso legata a periodi di affaticamento psicofisico, con brufoli localizzati, talvolta anche sul petto o sulla schiena. 

In caso di dubbi o acne persistente, è sempre consigliata una visita specialistica, per stabilirne il grado e il tipo. 

I fattori che peggiorano l’acne in estate 

Durante i mesi caldi, diversi fattori contribuiscono a peggiorare l’acne: 

  • sudorazione eccessiva. 
  • Prodotti solari troppo grassi e non traspiranti. 
  • Prodotti make-up occlusivi.  
  • Detersione aggressiva o troppo frequente. 
  • Indumenti sintetici, soprattutto nel caso di acne sulla schiena. 

Anche l’abitudine di esporre la pelle al sole senza protezione solare, nella speranza di “asciugare” i brufoli, ne comporta un peggioramento a fine estate (il cosiddetto “effetto rebound”, che approfondiremo nel prossimo paragrafo). 

Cos’è l’effetto rebound? 

Molte persone notano un apparente miglioramento dell’acne, soprattutto dopo l’esposizione al sole. La pelle sembra più asciutta, le lesioni si attenuano e l’abbronzatura uniforma l’incarnato. Tuttavia, questo effetto è temporaneo: quando si smette di esporsi al sole con regolarità, si assiste a un peggioramento improvviso dell’acne, noto come effetto rebound. I raggi UV inizialmente riducono l’infiammazione e seccano la pelle, rallentando la comparsa dei brufoli. Ma nel frattempo: 

  • la pelle si inspessisce per difesa (ipercheratinizzazione) 
  • Le ghiandole sebacee aumentano la produzione di sebo per compensare la secchezza 
  • I pori si occludono facilmente, favorendo la formazione di nuove lesioni infiammatorie 

Quando si interrompe l’esposizione solare, questi meccanismi riattivano l’acne in modo più intenso con brufoli diffusi. 

Come proteggere la pelle (senza innescare l’effetto rebound) 

Per prevenire l’effetto rebound, è fondamentale proteggere e idratare la pelle ogni giorno

  • applica una protezione solare 50+ specifica per il viso, ad ampio spettro (UVA/UVB), non comedogena. 
  • Rinnova l’applicazione ogni 2 ore 
  • Scegli texture leggere: fluide, gel o spray. 
  • Detergi la pelle mattina e sera con detergenti delicati. 
  • Mantieni la pelle idratata, anche quella grassa: usa creme idratanti e lenitive leggere a base di niacinamide, acido ialuronico o gel d’aloe. 
  • Evita l’uso combinato di troppi attivi irritanti, come esfolianti o retinoidi fotosensibilizzanti. 
  • Evita di toccare le lesioni o schiacciarle. 

Come curare l’acne in estate (e non solo) 

Che sia estate o nel resto dell’anno, non esistono prodotti miracolosi che funzionano per tutti. Ogni pelle è diversa e ha bisogno di un trattamento personalizzato.  

Gli esfolianti chimici, come gli alfa e beta idrossiacidi (AHA e BHA), sono tra gli attivi più utilizzati nei prodotti per pelli acneiche. Pur essendo efficaci, vanno usati con cautela, soprattutto in estate, perché sono fotosensibilizzanti e causano irritazioni se applicati prima dell’esposizione al sole. Quando la pelle è già infiammata — anche in modo lieve — è importante non irritarla ulteriormente. Per questo, in questi casi, è meglio limitare l’uso di esfolianti e preferire prodotti idratanti e lenitivi. 

Alimentazione e acne: quali cibi aiutano davvero la pelle? 

La salute della pelle passa anche da ciò che mangiamo. Alcuni alimenti riducono l’infiammazione e migliorano la salute della pelle. Altri, al contrario, favoriscono la comparsa di brufoli e impurità. 

È importante scegliere cibi freschi, ricchi di acqua e antiossidanti, che aiutano l’equilibrio della pelle:  

  • Frutta fresca e verdura cruda (in particolare rucola e radicchio) 
  • Legumi e cereali integrali  
  • Olio extravergine d’oliva (ricco di antiossidanti) 
  • Acqua, da bere abbondantemente  

Al contrario si devono limitare i cibi ricchi di istamina che aumentano l’infiammazione della pelle:  

  • Cibi affumicati e fermentati 
  • Formaggi stagionati 
  • Alcuni tipi di pesce (tonno, sgombro, acciughe) 
  • Avocado, uova e cocco e frutta secca 
  • Cibi pronti e processati 
  • Salumi, alcolici, alimenti ad alto indice glicemico. 

Affidarsi a un nutrizionista è il modo migliore per ricevere indicazioni personalizzate e realmente efficaci. 

Rivolgersi a un medico specialista  

Quando l’acne è grave e non tende a migliorare, è consigliabile rivolgersi a un dermatologo e, in alcuni casi, anche a un ginecologo. Infatti, squilibri ormonali — come quelli legati alla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) — possono essere tra le cause dell’acne persistente. Solo una valutazione specialistica consente di definire con precisione l’origine del problema e impostare un trattamento davvero personalizzato.  

L’acne non si risolve in pochi giorni: è necessario seguire un protocollo per mesi, ma con costanza e con la giusta attenzione si vedranno miglioramenti visibili e duraturi. 

Osservare la pelle, usare prodotti adeguati e curare l’alimentazione sono le chiavi per affrontare ogni forma di acne, anche durante i mesi più caldi. 

Pressione bassa: come riconoscerla e gestirla d’estate 

L’estate è la stagione del sole, delle passeggiate all’aperto e delle giornate più lunghe. Ma per chi soffre di pressione bassa, i mesi più caldi diventano una vera sfida. Il caldo intenso, infatti, dilata i vasi sanguigni e accentua i disturbi legati all’ipotensione. 

In questo articolo rispondiamo alle domande più comuni e ti aiutiamo a capire come riconoscere e gestire la pressione bassa, soprattutto quando le temperature si alzano. 

Cos’è la pressione bassa 

Si parla di ipotensione o pressione bassa quando i valori della pressione arteriosa scendono sotto i 90/60 mmHg. A volte si tratta di una condizione fisiologica: chi fa molta attività fisica o ha una predisposizione genetica presenta valori più bassi del normale. In altri casi, invece, è un campanello d’allarme da non trascurare.  

A volte si tratta di una condizione fisiologica: chi fa molta attività fisica o ha una predisposizione genetica presenta valori più bassi del normale. In altri casi, invece, è un campanello d’allarme da non trascurare. 

Come capire se la pressione è bassa? 

I sintomi variano da persona a persona. Alcuni ne soffrono senza accorgersene, mentre altri manifestano malesseri anche importanti, specialmente d’estate. 

Sintomi comuni: 

  • Debolezza e stanchezza improvvisa 
  • Capogiri o vertigini, soprattutto quando ci si alza in piedi 
  • Visione offuscata 
  • Nausea 
  • Sudorazione fredda 
  • Svenimento (nei casi più severi) 

Se avverti uno o più di questi segnali con il caldo, è probabile che la pressione si sia abbassata più del solito. 

Le cause della pressione bassa 

Le cause sono molteplici, ma in estate i principali fattori scatenanti sono: 

  • Disidratazione: il caldo fa perdere molti liquidi attraverso la sudorazione. 
  • Esposizione prolungata al sole: la vasodilatazione può ridurre la pressione. 
  • Calo di zuccheri e sali minerali: favorisce una riduzione del tono circolatorio. 
  • Farmaci: alcuni diuretici o antipertensivi possono abbassare troppo la pressione. 
  • Digiuni prolungati o pasti troppo leggeri, tipici dei mesi caldi. 

Cosa fare? I rimedi per la pressione bassa 

Ecco alcuni rimedi semplici e immediati da mettere in pratica quando si ha la pressione bassa: 

  • Sdraiati con le gambe sollevate per aiutare il sangue a tornare al cervello.
  • Bevi acqua, anche se non hai sete. Reintegra liquidi e sali minerali.
  • Mangia qualcosa di salato, come grissini o un pezzetto di parmigiano. 
  • Evita gli sbalzi di temperatura, le docce troppo calde o ambienti eccessivamente affollati.
  • Muoviti con calma: alzarsi bruscamente dal letto o da una sedia accentua i capogiri. 

L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nella gestione dell’ipotensione. Alcuni cibi possono aiutarti a mantenere i valori più stabili durante la giornata: frutta fresca (come banane, albicocche, cocomero); frutta secca (mandorle, noci); cibi salati con moderazione (formaggi stagionati, olive); legumi e cereali integrali; tè verde o caffè (ma senza esagerare).  

In caso di pressione bassa persistente, è consigliato l’utilizzo di integratori a base di: 

  • Magnesio e potassio 
  • Vitamina C ed E 
  • Ginseng o eleuterococco, per il tono e l’energia 

Attenzione: prima di assumere qualsiasi integratore è sempre bene consultare il medico, soprattutto se stai già seguendo una terapia farmacologica. 

Quando la pressione bassa è preoccupante? 

La pressione bassa diventa un problema serio se è accompagnata a svenimenti frequenti, è persistente nonostante una buona idratazione e alimentazione oppure quando causa gravi difficoltà nella vita quotidiana. 

In questi casi è consigliabile rivolgersi al medico per escludere condizioni sottostanti (anemia, disfunzioni ormonali, disturbi cardiaci). 

La pressione bassa non è una malattia, ma può diventare fastidiosa e limitante, soprattutto d’estate. Con le giuste precauzioni e un po’ di consapevolezza, è possibile affrontare il caldo con serenità e restare in forma anche nei mesi più afosi. 

Disidratazione: come prevenirla e riconoscerla 

Disidratazione come prevenirla e riconoscerla

Quando le temperature salgono, il nostro corpo ha bisogno di più acqua. 
L’estate porta con sé giornate lunghe, temperature elevate e un aumento naturale della sudorazione. In questo contesto, la disidratazione può diventare un rischio concreto, soprattutto per bambini, anziani e persone con condizioni di salute croniche.  Bere a sufficienza, anche senza sentire sete, è una strategia semplice ed efficace per mantenersi in salute. 

Cos’è la disidratazione 

La disidratazione si verifica quando l’apporto di liquidi non è sufficiente a compensare le perdite dovute alla sudorazione, alla respirazione o alla diuresi. 
Può derivare da: 

  • Assunzione insufficiente di liquidi 
  • Sudorazione eccessiva 
  • Vomito o diarrea 
  • Diabete 
  • Diete sbilanciate 
  • Uso di diuretici o acqua povera di sali 

Tipi di disidratazione  

La disidratazione non è tutta uguale. In base al rapporto tra acqua e sali minerali persi, si distinguono tre forme principali, ognuna con cause e implicazioni diverse: 

Disidratazione ipertonica 

È causata da una perdita prevalente di acqua rispetto ai sali, come accade in caso di intensa sudorazione non compensata.  
Quando accade, il sodio nel sangue aumenta e le cellule si “disidratano” per osmosi. È la forma più comune nelle estati calde o durante un’attività fisica prolungata.  

In questo caso è importante reidratare con acqua e sali minerali (anche tramite frutta fresca o soluzioni reidratanti). 

Disidratazione isotonica  

Quando la perdita di acqua ed elettroliti avviene in proporzioni simili, come succede in caso di vomito o diarrea
Il volume dei liquidi diminuisce, ma la concentrazione di sali rimane stabile. È tipica delle gastroenteriti. 

Disidratazione ipotonica 

In questo caso si perde più sodio che acqua, ad esempio a causa dell’uso eccessivo di diuretici o di un’alimentazione povera di sale associata al consumo di acque molto leggere.  
Il sodio nel sangue cala, provocando una sensazione di debolezza, confusione e sete che non si placa, anche bevendo molto. In questi casi è importante mantenere una dieta bilanciata anche attraverso un corretto uso del sale nei pasti.  

Come prevenire la disidratazione 

Il primo passo per prevenire la disidratazione in estate è ricordarsi di bere regolarmente durante tutta la giornata, anche in assenza dello stimolo della sete. Il corpo, infatti, ha bisogno di reintegrare molto più velocemente i liquidi.  

È importante preferire acqua naturale o bevande non zuccherate, evitando alcolici, bibite gassate o ricche di caffeina, che possono favorire la perdita di liquidi. 

Anche l’alimentazione è molto importante: consumare frutta e verdura ricca d’acqua (come anguria, melone, cetrioli o lattuga) contribuisce a mantenere un buon livello di idratazione. 
Un altro aspetto da non sottovalutare è la qualità dell’acqua: in estate, l’assunzione esclusiva di acque troppo povere di sali minerali può causare squilibri, soprattutto se associata a una dieta restrittiva. 

Quando è necessario consultare un medico 

Una lieve disidratazione si risolve semplicemente aumentando l’assunzione di liquidi. Tuttavia, ci sono situazioni in cui è importante intervenire rapidamente. Se compaiono determinati sintomi prolungatamente, è consigliabile contattare il medico senza aspettare:

  • Febbre alta o persistente
  • Vomito continuo o difficoltà a trattenere i liquidi
  • Crampi muscolari intensi
  • Sensazione di confusione mentale o disorientamento
  • Forte debolezza, sonnolenza o svenimenti
  • Battito cardiaco accelerato o pressione sanguigna molto bassa

Questi sintomi indicano che la disidratazione potrebbe essere avanzata o complicata, e può richiedere una reidratazione più strutturata. In particolare, nei bambini, negli anziani o in persone fragili, non bisogna mai sottovalutare i segnali d’allarme: agire in tempo è la chiave per evitare complicazioni. 

Giornata Mondiale del morbo di Parkinson: due ricerche italiane aprono nuove speranze per la cura 

morbo di parkinson

La ricerca sul morbo di Parkinson fa importanti passi avanti grazie a due progetti coordinati da scienziati italiani. Entrambi hanno lo stesso obiettivo: trovare nuove cure per una delle malattie neurodegenerative più diffuse al mondo, che colpisce oltre 10 milioni di persone. 

Cellule staminali per rigenerare i neuroni danneggiati 

Il primo studio fa parte del progetto europeo STEM-PD. L’idea è rivoluzionaria: usare cellule staminali embrionali per ricreare i neuroni che nel Parkinson vengono distrutti, in particolare quelli che producono dopamina, la sostanza chimica fondamentale per il controllo dei movimenti. 

Grazie a questa terapia, già testata su otto pazienti in Svezia e Regno Unito, i ricercatori sperano di intervenire per fermare la progressione della malattia, non solo di alleviarne i sintomi. Tra i protagonisti dello studio c’è anche l’Italia, con la professoressa Elena Cattaneo dell’Università degli Studi di Milano, da anni impegnata nella ricerca sulle terapie rigenerative per il sistema nervoso. 

I primi risultati sono promettenti: le cellule trapiantate si sono integrate bene e stanno iniziando a funzionare come neuroni veri. Se la sperimentazione continuerà con successo, potremmo essere vicini a una cura innovativa per il Parkinson. 

Un nuovo modello per studiare il Parkinson giovanile 

La seconda scoperta arriva dall’IRCCS Ospedale San Raffaele e dall’Università Vita-Salute San Raffaele, sempre a Milano. Un team guidato dalla professoressa Jenny Sassone ha creato un modello sperimentale di Parkinson giovanile, causato da mutazioni nel gene PARKIN

Finora, i modelli esistenti non mostravano sintomi reali, fattore che rendeva difficile studiare questo tipo di malattia. Il risultato è un modello “vivo” della malattia, estremamente realistico e replicabile, fondamentale per studiarne i meccanismi e testare nuovi farmaci in condizioni più vicine alla realtà clinica. 

Lo studio apre la possibilità di valutare l’effetto di terapie complementari, come l’attività fisica, che potrebbe avere un ruolo nel rallentare la neurodegenerazione e di analizzare i meccanismi della malattia già nelle fasi iniziali, anche prima della comparsa dei sintomi motori classici (tremori, rigidità, lentezza). 

Nuove prospettive per il futuro della cura del Parkinson 

Questi due progetti, anche se diversi tra loro, ci ricordano quanto la ricerca scientifica italiana sia attiva nella lotta contro il Parkinson. L’obiettivo non è più solo gestire i sintomi, ma arrivare a bloccare il danno neurologico

Grazie all’uso di cellule staminali e a modelli sperimentali sempre più realistici, i ricercatori sperano di offrire presto nuove terapie più efficaci e personalizzate per chi soffre di questa malattia. 

Marzo mese della sensibilizzazione sul tumore del colon retto 

tumore del colon retto

Marzo è il mese dedicato alla sensibilizzazione sul tumore del colon retto, il secondo più frequente in Italia nelle donne e negli uomini rispettivamente dopo quello della mammella e della prostata.  

Il tumore del colon retto nasce dalla crescita incontrollata delle cellule epiteliali della mucosa che riveste l’intestino crasso (colon), si manifesta principalmente nell’ultima parte del colon e, più raramente, nel colon trasverso e discendente.  

I dati in Italia e chi è a rischio 

Nel 2024 in Italia ci sono stati circa oltre 48 mila casi di tumore al colon retto con una diffusione maggiore tra i 60 e i 75 anni, ma il numero dei casi è in aumento anche tra i più giovani.  

Negli ultimi vent’anni, grazie ai programmi di screening, l’incidenza è diminuita nella fascia 50-69 anni con un calo annuo del 3-4% mentre i dati recenti evidenziano un aumento dello 0,4% annuo nei soggetti sotto i 50 anni, inclusi i giovani under 30.  

I fattori di rischio per il tumore del colon retto includono diete, genetica e cause non ereditarie, rendendo tutti potenzialmente esposti al problema.  Dal punto di vista nutrizionale, una dieta ricca di grassi, proteine animali e povera di fibre è associata ad un aumento del rischio, mentre il consumo di frutta e verdura sembra avere un effetto protettivo. Anche l’obesità e la sedentarietà giocano un ruolo sfavorevole.  

Sul piano genetico, circa il 10% dei tumori del colon retto è legato a mutazioni ereditare, avere un parente di primo grado con questo tumore aumenta il rischio di 2-3 volte.  

Diagnosi e cura 

Gli esami fondamentali per la diagnosi di un tumore del colon e del retto prevedono:  

  • Ecografia addominale e pelvica; 
  • Colonscopia con biopsia per esame istologico; 
  • TC; 
  • Anoscopia;
  • Rettoscopia; 
  • RM pelvica;
  • Livello sierico dell’antigene carcinoembrionale. 

Per il tumore del colon: 

  • La chirurgia è il trattamento più comune ed efficace soprattutto negli stadi iniziali, l’intervento poi varia in base alla sede e all’estensione del tumore; 
  • La chemioterapia e/o l’immunoterapia con nuovi farmaci biologici vengono i impiegati nelle fasi avanzate, in presenza di metastasi, con l’obiettivo di rallentare l’evoluzione della malattia; 
  • Farmaci a bersaglio molecolare e Immunoterapia 

Per il tumore del retto: 

  • Chirurgia; 
  • Stomia; 
  • Chemioterapia e Radioterapia; 
  • Trattamento conservativo, in circa il 16-27% dei casi, si ottiene una risposta completa alla terapia. 

Come prevenire? 

In Italia è attivo un programma nazionale di screening per la diagnosi precoce, con modalità che variano tra le Regioni e, generalmente, prevede la ricerca del sangue occulto nelle feci ogni due anni per le persone tra i 50 e i 70 anni. In alternativa è possibile sottoporsi ad una rettosigmoidoscopia, da effettuare una sola volta tra i 58 e i 60 anni e da ripetere eventualmente ogni 10 anni. 

Gennaio mese della senibilizzazione del Tumore alla Cervice 

tumore cervice

Gennaio è il mese dedicato alla prevenzione del tumore alla cervice, uno dei più frequenti nelle donne sotto i 50 anni di età.  

Questo mese rappresenta un’occasione importante per sensibilizzare le donne riguardo tutti gli strumenti messi a loro disposizione per sottoporsi a esami mirati a identificare eventuali malattie ginecologiche e per curarle tempestivamente.  

 I numeri in Italia e le cause più frequenti 

Il Ministero della Salute ricorda che nel 2024 sono state stimate circa 2.382 diagnosi del cancro al collo dell’utero, tra cui il 4% appartiene alla fascia di età giovanile e sono 49.800 le donne guarite in Italia.  

La causa più frequente di questo tumore è il Papilloma Virus (HPV), una malattia sessualmente trasmissibile, la quale può portare a gravi conseguenze se non si regredisce spontaneamente.  Oltre all’HPV, altri fattori di rischio che contribuiscono alla formazione del tumore alla cervice sono il fumo, l’inizio precoce dell’attività sessuale, i casi genetici, una dieta povera di frutta e verdura e l’obesità.  

Gli esami di screening per il tumore alla cervice

Lo screening del tumore alla cervice si basa su due test principali: 

  • Pap test
  • HPV-DNA test

Il Pap test viene offerto ogni 3 anni alle donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni mentre il test per il Papilloma Virus viene raccomandato alle donne di età maggiore di 30 con una frequenza di 5 anni. 

In caso di positività all’HPV test la donna viene sottoposta al Pap test come approfondimento diagnostico per individuare eventuali alterazioni cellulari e, se necessario, viene indirizzata alla colposcopia, ovvero un esame che tramite il colposcopio visiona la cervice uterina ingrandita così da confermare o meno la presenza di tumori.  

Nel momento in cui il Pap test non evidenzia alterazioni significative, l’HPV test viene ripetuto dopo un anno.  

Cosa fare per ridurre il rischio? 

La fondazione AIRC per la ricerca sul cancro ha lanciato una strategia con dei punti chiave da raggiungere entro il 2030 per eliminare il tumore alla cervice

  • Il 90% delle ragazze devono essere vaccinate con tutti i richiami previsti per l’HVC entro i 15 anni di età; 
  • Il 70% delle donne devono essere sottoposte a screening entro i 35/45 anni; 
  • Il 90% delle donne con tumore alla cervice devono essere sottoposte ai trattamenti adeguati.  

Novembre mese della prevenzione dei tumori maschili 

prevenzione tumori maschili

Novembre è dedicato alla sensibilizzazione e prevenzione dei tumori maschili, con un focus particolare sui tumori della prostata, dei testicoli e della vescica.  

Iniziative come il “Movember” incoraggiano gli uomini a prendersi cura della propria salute tramite controlli e stili di vita sani. In Italia, ad esempio, sono oltre 36.000 i nuovi casi di tumore alla prostata diagnosticati ogni anno, e la prevenzione diventa essenziale per aumentare le possibilità di diagnosi precoce, che è fondamentale per la gestione della malattia. 

L’importanza della prevenzione in numeri 

I dati confermano quanto sia rilevante la prevenzione: il tumore alla prostata, che è il più comune fra i tumori maschili, colpisce circa 1 uomo su 8. L’incidenza è in aumento, soprattutto per via dell’allungamento dell’aspettativa di vita e del miglioramento delle tecniche diagnostiche, che permettono di identificare il cancro in stadi sempre più precoci.  

Il tumore ai testicoli è meno frequente ma colpisce soprattutto uomini giovani, con il picco di diagnosi tra i 15 e i 40 anni. Anche il tumore della vescica è diffuso e rappresenta circa il 7% dei tumori maschili: in Italia, infatti, si stimano circa 25.500 nuovi casi ogni anno.  

Grazie ai programmi di prevenzione e screening, la mortalità per molti tumori maschili si è ridotta, dimostrando l’importanza di diagnosi tempestive e controlli regolari. 

I controlli consigliati per una corretta prevenzione 

Prevenire significa non solo migliorare le probabilità di cura, ma anche favorire una vita più lunga e sana. I tumori maschili più diffusi, come quello alla prostata, possono essere rilevati in fasi molto precoci grazie a semplici test diagnostici, come il PSA (Antigene Prostatico Specifico) e l’esplorazione rettale. Anche per il tumore ai testicoli e alla vescica, un monitoraggio attento dei sintomi e un consulto regolare con il proprio medico possono fare la differenza. 

Ma quali sono i principali controllo consigliati per una prevenzione precoce? 

  • Tumore alla Prostata: 
    • Test PSA: Un esame del sangue che misura i livelli dell’antigene prostatico specifico, utile per individuare anomalie nella prostata. 
    • Esplorazione Rettale Digitale: Una procedura semplice che permette di identificare irregolarità nella prostata. 
  • Tumore al Testicolo: 
    • Autoesame Testicolare: Consigliato mensilmente, permette di notare eventuali cambiamenti di forma o consistenza, che potrebbero indicare la presenza di masse. 
  • Tumore alla Vescica e Apparato Urogenitale: 
    • Analisi delle Urine: Utile per identificare la presenza di sangue o altre anomalie. 
    • Cistoscopia: Per valutare direttamente la superficie interna della vescica, in presenza di sintomi specifici o fattori di rischio. 

la prevenzione può salvare vite. Prenota subito il tuo controllo presso la nostra clinica polispecialistica e partecipa anche tu alla campagna di prevenzione. 

Ottobre mese della prevenzione per il tumore al seno

Prevenzione seno

Ottobre si veste di rosa: come ogni anno, l’inizio dell’autunno viene dedicato alla sensibilizzazione sulla prevenzione del tumore al seno, una delle forme di cancro più diffuse tra le donne in tutto il mondo.  

Durante questo mese, numerose iniziative mirano a promuovere l’importanza della diagnosi, la consapevolezza e il sostegno alla ricerca scientifica.  

Cosa possono fare le donne per ridurre il rischio di tumore al seno?

Importanza della diagnosi precoce

Il tumore al seno è il tipo di cancro più comune nelle donne. Come afferma anche la Fondazione AIRC per la Ricerca sul cancro, ogni anno in Italia vengono diagnosticati 55.000 nuovi casi di tumore al seno, rappresentando circa il 30% di tutte le forme tumorali che colpiscono le donne e circa il 15% del totale dei tumori diagnosticati in Italia.  

Sebbene il numero di nuovi casi sia in leggero aumento, il tasso di mortalità è in diminuzione, e questo grazie ai progressi nelle terapie e, soprattutto, attraverso una diagnosi precoce. Proprio quest’ultima aumenta notevolmente le possibilità di guarigione, ed è per questo che l’ottobre rosa gioca un ruolo cruciale nel promuovere controlli regolari.  

Capiamo però quali sono gli esami da fare per una diagnosi tempestiva del tumore al seno.

Quali esami fare per la prevenzione?

Un controllo periodico è fondamentale per la diagnosi tempestiva del tumore al seno. Gli esami più efficaci sono:  

  • Autopalpazione: è un semplice esame che ogni donna può fare da casa per rilevare cambiamenti nel seno. La fase di osservazione è importante per notare modifiche nella forma, mentre la palpazione aiuta ad individuare noduli o altre anomalie. È importante, infatti, prestare attenzione anche a segnali come le retrazioni, secrezioni o alterazioni della pelle. A partire dai 20 anni, è consigliato eseguirla una volta al mese, tra il settimo e quattordicesimo giorno di mestruazioni.  
  • Mammografia: è un esame che viene effettuato tramite la compressione del seno tra due piastre per ottenere un’immagine radiografica del tessuto mammario, con l’obiettivo di identificare eventuali formazioni sospette o potenzialmente tumorali. La mammografia è raccomandata annualmente alle donne a partire dai 40 anni e non ha limiti di età.  
  • Ecografia mammaria: è un esame sicuro e non invasivo del seno. Si utilizza una sonda a ultrasuoni, che emette onde a bassa frequenza e alta intensità, per esaminare la zona interessata. Questo esame è consigliato alle ragazze dall’età compresa tra i 20 e i 40 anni, preferibilmente ogni anno. 

Cosa fare per ridurre il rischio?

Come abbiamo visto, è possibile ridurre il rischio di insorgenza del tumore al seno, effettuando regolarmente degli screening. Sebbene non esista un metodo di prevenzione sicuro al 100%, ci sono altre azioni che possono favorire la riduzione del rischio: 

  • Mantenere uno stile di vita sano, che comprenda una dieta equilibrata, attività fisica regolare ed evitare di bere e fumare può fare la differenza. 
  • Allattamento al seno, può ridurre il rischio di tumore, perché permette alle cellule mammarie di completare il loro sviluppo, rendendole meno vulnerabili a trasformazioni cancerose. 
  • Test genetici, per individuare mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA. Questi test possono essere strumenti di prevenzione utili quando la storia medica familiare o personale suggerisce un rischio ereditario di sviluppare il tumore. 

La salute del seno deve essere una priorità per tutte le donne e, grazie ai progressi medici, la prevenzione può salvare vite. Prenota subito il tuo controllo presso la nostra clinica polispecialistica e partecipa anche tu alla campagna di prevenzione.