Disidratazione: come prevenirla e riconoscerla 

Disidratazione come prevenirla e riconoscerla

Quando le temperature salgono, il nostro corpo ha bisogno di più acqua. 
L’estate porta con sé giornate lunghe, temperature elevate e un aumento naturale della sudorazione. In questo contesto, la disidratazione può diventare un rischio concreto, soprattutto per bambini, anziani e persone con condizioni di salute croniche.  Bere a sufficienza, anche senza sentire sete, è una strategia semplice ed efficace per mantenersi in salute. 

Cos’è la disidratazione 

La disidratazione si verifica quando l’apporto di liquidi non è sufficiente a compensare le perdite dovute alla sudorazione, alla respirazione o alla diuresi. 
Può derivare da: 

  • Assunzione insufficiente di liquidi 
  • Sudorazione eccessiva 
  • Vomito o diarrea 
  • Diabete 
  • Diete sbilanciate 
  • Uso di diuretici o acqua povera di sali 

Tipi di disidratazione  

La disidratazione non è tutta uguale. In base al rapporto tra acqua e sali minerali persi, si distinguono tre forme principali, ognuna con cause e implicazioni diverse: 

Disidratazione ipertonica 

È causata da una perdita prevalente di acqua rispetto ai sali, come accade in caso di intensa sudorazione non compensata.  
Quando accade, il sodio nel sangue aumenta e le cellule si “disidratano” per osmosi. È la forma più comune nelle estati calde o durante un’attività fisica prolungata.  

In questo caso è importante reidratare con acqua e sali minerali (anche tramite frutta fresca o soluzioni reidratanti). 

Disidratazione isotonica  

Quando la perdita di acqua ed elettroliti avviene in proporzioni simili, come succede in caso di vomito o diarrea
Il volume dei liquidi diminuisce, ma la concentrazione di sali rimane stabile. È tipica delle gastroenteriti. 

Disidratazione ipotonica 

In questo caso si perde più sodio che acqua, ad esempio a causa dell’uso eccessivo di diuretici o di un’alimentazione povera di sale associata al consumo di acque molto leggere.  
Il sodio nel sangue cala, provocando una sensazione di debolezza, confusione e sete che non si placa, anche bevendo molto. In questi casi è importante mantenere una dieta bilanciata anche attraverso un corretto uso del sale nei pasti.  

Come prevenire la disidratazione 

Il primo passo per prevenire la disidratazione in estate è ricordarsi di bere regolarmente durante tutta la giornata, anche in assenza dello stimolo della sete. Il corpo, infatti, ha bisogno di reintegrare molto più velocemente i liquidi.  

È importante preferire acqua naturale o bevande non zuccherate, evitando alcolici, bibite gassate o ricche di caffeina, che possono favorire la perdita di liquidi. 

Anche l’alimentazione è molto importante: consumare frutta e verdura ricca d’acqua (come anguria, melone, cetrioli o lattuga) contribuisce a mantenere un buon livello di idratazione. 
Un altro aspetto da non sottovalutare è la qualità dell’acqua: in estate, l’assunzione esclusiva di acque troppo povere di sali minerali può causare squilibri, soprattutto se associata a una dieta restrittiva. 

Quando è necessario consultare un medico 

Una lieve disidratazione si risolve semplicemente aumentando l’assunzione di liquidi. Tuttavia, ci sono situazioni in cui è importante intervenire rapidamente. Se compaiono determinati sintomi prolungatamente, è consigliabile contattare il medico senza aspettare:

  • Febbre alta o persistente
  • Vomito continuo o difficoltà a trattenere i liquidi
  • Crampi muscolari intensi
  • Sensazione di confusione mentale o disorientamento
  • Forte debolezza, sonnolenza o svenimenti
  • Battito cardiaco accelerato o pressione sanguigna molto bassa

Questi sintomi indicano che la disidratazione potrebbe essere avanzata o complicata, e può richiedere una reidratazione più strutturata. In particolare, nei bambini, negli anziani o in persone fragili, non bisogna mai sottovalutare i segnali d’allarme: agire in tempo è la chiave per evitare complicazioni. 

Tumori al cervello: sintomi, diagnosi e perché la consapevolezza fa la differenza 

Tumore al cervello giornata mondiale

L’8 giugno, in occasione della Giornata Mondiale dei Tumori al Cervello, è importante parlare con chiarezza di una patologia complessa, ma sempre più affrontabile grazie ai progressi della medicina. 
I tumori cerebrali possono manifestarsi in modi molto diversi, rendendo la diagnosi precoce una sfida. Eppure, è proprio la consapevolezza il primo passo per affrontarli con serenità e gli strumenti giusti. 

Cosa sono i tumori cerebrali? 

I tumori al cervello sono masse anomale di cellule che si sviluppano all’interno o vicino al tessuto cerebrale. Possono essere benigni, a crescita lenta, oppure maligni, più aggressivi. 
In Italia, secondo gli ultimi dati condivisi dall’Associazione italiana registri tumori – AIRTUM, si registrano oltre 6.000 nuovi casi l’anno, pari al 2% di tutte le diagnosi oncologiche.  

Sintomi da tenere sotto controllo 

I sintomi di un tumore al cervello possono variare notevolmente da persona a persona. Questo accade perché ogni area del cervello controlla una funzione specifica: vista, linguaggio, movimento, memoria, udito. Quando una massa si sviluppa in un’area precisa, la funzione corrispondente può risultare alterata. 

Tra i sintomi più comuni si trovano: 

  • Mal di testa persistente o in peggioramento, spesso diverso dal solito e resistente ai normali analgesici. 
  • Nausea e vomito non giustificabili da altre cause. 
  • Disturbi visivi, come vista offuscata, visione doppia o perdita della visione laterale. 
  • Debolezza, formicolio o perdita di sensibilità in un arto o in una parte del corpo. 
  • Problemi di equilibrio e coordinazione, difficoltà nel camminare o nel mantenere la postura. 
  • Difficoltà nel linguaggio, nella comprensione o nell’espressione. 
  • Cambiamenti nella memoria, nel comportamento o nella personalità. 
  • Crisi epilettiche, anche in chi non ne ha mai sofferto. 
  • Problemi di udito, come perdita o alterazioni della percezione sonora. 

L’aumento della pressione intracranica, dovuto alla crescita della massa, può causare sintomi neurologici più intensi, tra cui mal di testa molto intesi e costanti, e difficoltà motorie, disturbi del linguaggio e peggioramento delle funzioni cognitive. 

Come si arriva alla diagnosi 

Una diagnosi tempestiva consente di agire prima che il tumore provochi danni neurologici rilevanti. Il percorso diagnostico prevede: 

  • Esame neurologico completo 
  • Risonanza magnetica cerebrale (con o senza mezzo di contrasto) 
  • TC encefalo in urgenza 
  • Elettroencefalogramma (EEG) in caso di crisi epilettiche 
  • Biopsia chirurgica o stereotassica, se necessaria per confermare il tipo di lesione 

Percorsi di cura  

Il trattamento dei tumori cerebrali varia in base alla natura del tumore, alla sua localizzazione e alle condizioni del paziente. In molti casi, l’approccio terapeutico prevede un intervento chirurgico, che rappresenta spesso il primo passo per rimuovere la massa tumorale, se localizzabile e operabile in sicurezza. 

Altre tecniche non invasive sono la radiochirurgia stereotassica, che sfrutta fasci di radiazioni ad alta precisione per colpire tumori di piccole dimensioni, senza aprire la scatola cranica. 

La radioterapia viene spesso utilizzata dopo l’intervento, per ridurre il rischio di recidive o trattare porzioni non asportabili del tumore. In alcuni casi può essere associata alla chemioterapia o usata da sola, soprattutto nei tumori inoperabili. 

Anche l’immunoterapia sta emergendo come una possibile arma nella cura dei tumori cerebrali, in particolare dei gliomi di grado IV. Si basa sull’attivazione mirata del sistema immunitario contro le cellule tumorali, attraverso cellule specializzate o molecole in grado di potenziare la risposta immunitaria. 

La diagnosi precoce fa la differenza 

Oggi, grazie ai progressi della medicina, affrontare un tumore cerebrale non significa più essere soli davanti all’incertezza. Ogni passo è guidato da équipe di medici pronte ad accompagnare il paziente verso la guarigione. 

La consapevolezza resta uno strumento fondamentale: saper riconoscere i segnali, affidarsi a specialisti qualificati e non trascurare ciò che il corpo comunica, può fare davvero la differenza.